1. La gitana: "Vedi le fosche notturne spoglie..."
Il cambio di scena ci porta alla seconda parte dell'opera, "La gitana". Quando si apre il sipario, ci troviamo nel mezzo di un accampamento gitano (detto altrimenti, di un campo rom, più o meno) nella ridente terra di Biscaglia.
Nota geografica: la Biscaglia fa parte dei Paesi Baschi e si trova a nord della Spagna, come possiamo vedere nell'immagine qui sotto (graziosamente fornita da Wikipedia):
E' la regione in cui si trova Bilbao, una delle città che devo visitare prima o poi, se non altro almeno per vedere il Guggenheim Museum.
Ma nella seconda parte del Trovatore non ci sono né graziose città del País Vasco né Musei di Arte Moderna. C'è, molto semplicemente, un villaggio gitano alquanto sgangherato ai piedi di un monte.
Io mi immagino qualcosa del genere: panni stesi ad asciugare, qualcuno che canta, il Django Reinhardt di turno che suona un po' di jazz manouche...
...oppure, visto che in fondo la musica del popolo rom spagnolo è il flamenco (anche se l'Andalusia è lontana dal golfo di Biscaglia), qualche chitarrista che butta lì due o tre accordi perché qualcuno possa ballare.
Qualcosa del genere, insomma:
Credo che anche Verdi si immaginasse un'atmosfera del genere, tant'è che, non appena la scena si apre, troviamo tutti i gitani che cantano insieme il cosiddetto "coro delle incudini" (così chiamato per il semplice motivo che nel ritornello si sente il rumore delle incudini che i gitani stanno percuotendo nel corso del loro lavoro), altrimenti detto Vedi le fosche notturne spoglie.
Nel villaggio gitano troviamo anche Manrico e Azucena: infatti, dalla fine del primo atto, in cui avevamo lasciato Manrico in procinto di battersi con il Conte di Luna, sono successe due cose:
1) Manrico ha vinto il duello, ma ha preferito risparmiare la vita al Conte, vedremo dopo perché
2) Successivamente, Manrico è stato ferito in battaglia (Il rio De Luna/su me piombò col suo drappello: io caddi... /però... da forte io caddi!) ed è corsa voce che fosse morto. Quindi Azucena lo è andato a cercare per seppellirlo, ma lo ha trovato ancora vivo, per cui l'ha portato nel suo villaggio per curarlo e ora sta abbastanza bene.
Quindi, nel villaggio gitano l'atmosfera, come dicevamo, è allegra, ma questo clima festoso si stempera subito: infatti, quasi subito Azucena racconta ancora una volta l'antefatto e questo è interessante per due motivi:
E' la regione in cui si trova Bilbao, una delle città che devo visitare prima o poi, se non altro almeno per vedere il Guggenheim Museum.
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Bilbao... |
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...e il Guggenheim Museum |
Ma nella seconda parte del Trovatore non ci sono né graziose città del País Vasco né Musei di Arte Moderna. C'è, molto semplicemente, un villaggio gitano alquanto sgangherato ai piedi di un monte.
Io mi immagino qualcosa del genere: panni stesi ad asciugare, qualcuno che canta, il Django Reinhardt di turno che suona un po' di jazz manouche...
...oppure, visto che in fondo la musica del popolo rom spagnolo è il flamenco (anche se l'Andalusia è lontana dal golfo di Biscaglia), qualche chitarrista che butta lì due o tre accordi perché qualcuno possa ballare.
Qualcosa del genere, insomma:
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"Chi del gitano i giorni abbella?/ La zingarella" "Stride la vampa..." |
2. La gitana: il racconto di Azucena
Nel villaggio gitano troviamo anche Manrico e Azucena: infatti, dalla fine del primo atto, in cui avevamo lasciato Manrico in procinto di battersi con il Conte di Luna, sono successe due cose:
1) Manrico ha vinto il duello, ma ha preferito risparmiare la vita al Conte, vedremo dopo perché
2) Successivamente, Manrico è stato ferito in battaglia (Il rio De Luna/su me piombò col suo drappello: io caddi... /però... da forte io caddi!) ed è corsa voce che fosse morto. Quindi Azucena lo è andato a cercare per seppellirlo, ma lo ha trovato ancora vivo, per cui l'ha portato nel suo villaggio per curarlo e ora sta abbastanza bene.
Quindi, nel villaggio gitano l'atmosfera, come dicevamo, è allegra, ma questo clima festoso si stempera subito: infatti, quasi subito Azucena racconta ancora una volta l'antefatto e questo è interessante per due motivi:
- In primo luogo dimostra come Verdi (o il suo librettista Cammarano) non avesse grande fiducia nel suo pubblico e non lo considerasse sufficientemente dotato di memoria a breve termine per ricordare quanto aveva detto Ferrando all'inizio del primo atto (grazie per la stima, Peppino!)
- In secondo luogo è interessante in relazione al tema che abbiamo accennato prima della centralità dell'aspetto narrativo nel Trovatore. Infatti, Azucena ci racconta ancora una volta la storia, solo che ce la racconta dal suo punto di vista, che è ovviamente opposto rispetto a quello di Ferrando, in quanto, laddove Ferrando vedeva la madre di Azucena come una strega, Azucena la vede come una vittima di un'ingiustizia che lei ha cercato di vendicare. E' interessante questa sorta di narrazione polifonica, in cui lo stesso evento viene presentato da diversi personaggi con ottiche e punti di vista diversi. Inoltre, questa insistenza sulla narrazione dell'antefatto dimostra inoltre anche un'altra cosa: gli eventi che vediamo sulla scena non sono la parte più importante della vicenda né il motore della storia del Trovatore. Il motore della storia sta nell'antefatto, in quella sorta di evento generatore (la morte della madre di Azucena e la vendetta di quest'ultima) da cui dipendono tutte le azioni dei personaggi in scena. Ci sono, potremmo dire, nel Trovatore, due tipi di personaggi: quelli che vivono nel passato, in una sorta di continua rievocazione dell'evento motore della vicenda (Azucena e Ferrando) e quelli che vivono nel presente (il Conte di Luna, Manrico e Leonora) e che farebbero benissimo a meno di rievocare quella vicenda di morte e vendetta avvenuta tanti anni prima. Ma l'evento motore, un po' come la maledizione del Rigoletto, finirà per segnare i destini anche dei personaggi che non l'hanno vissuto direttamente: alla fine, come vedremo, sia Manrico che Leonora che il Conte di Luna rimarranno invischiati nello spettro melmoso di quel passato che si ostina a non volersene andare.
Comunque, Azucena racconta e aggiunge un particolare che non sapevamo: infatti, ci informa che ella non ha ucciso il figlio del Conte di Luna ma il proprio figlio, per via di un errore di valutazione verosimilmente legato a problemi di miopia. Non si spiega altrimenti: va bene la fretta e tutto quello che vuoi, ma bruciare un bambino invece di un altro (con tanto di scenetta comica con il figlio del Conte che le fa ciao-ciao dopo che lei è convinta di averlo ucciso: Pur volgo intorno il guardo e innanzi a me vegg'io.../ dell'empio Conte il figlio!) significa avere seri problemi di diottrie.
Ma vabbé, passiamo oltre.
3. La gitana: "Non son tuo figlio? E chi son io?"
La scoperta di questo particolare sconcertante fa mettere in moto le cellule cerebrali di Manrico che finora abbiamo visto impegnate solamente nella virile arte di prendersi a mazzate con il Conte per una donna. Manrico fa due più due: se prima c'erano due bambini, il figlio di Azucena e il figlio del Conte, e il figlio di Azucena è stato bruciato, allora...
"...io sono il figlio del Conte! " sarebbe la risposta più logica ma no, mi dispiace, a questo il caro Manrico non ci arriva. Lui arriva alla conclusione - comunque corretta - di non essere il figlio di Azucena. Azucena gli dice no, guarda, tu sei mio figlio, non ti preoccupare e, a riprova di questo, gli dice: "Se tu non fossi stato mio figlio, non ti sarei venuta a salvare quando sei stato ferito in battaglia!"
Ma Manrico ormai ha subodorato qualcosa.
Ma Manrico ormai ha subodorato qualcosa.
"Sai, ma' - dice ad Azucena - mi è successa una cosa strana quando ho fatto il duello con il Conte di Luna per Leonora. Infatti, avevo vinto e lui era caduto a terra, ma, mentre stavo per ucciderlo, mi ha preso una strana pietà di lui e gli ho risparmiato la vita." Come vedete, il ragazzo, seppur non sveglissimo, ha intuito quella che sarà poi la scopertona che tutti noi faremo in fondo, cioè che è il fratello del Conte.
Possiamo sentire qui sotto il racconto che Manrico fa di questa strana pietà, in una delle arie più belle dell'opera:
Quindi, abbiamo di nuovo un racconto (la dimensione narrativa del Trovatore che ritorna ancora una volta!) e questo racconto aggiunge ancora, seppur confusamente, un piccolo particolare all'antefatto, perché ci fa intuire che il Conte di Luna e Manrico sono fratelli. Quindi, ricorre ancora una volta questo continuo ritornare all'evento motore della vicenda, all'evento primigenio da cui tutto dipende, mediante racconti, intuizioni, visioni.
Ora, come reagisce Azucena alla scoperta da parte di Manrico di quello che lei sa bene, cioè che è il fratello del Conte? Gli dice: "Ah, guarda che hai proprio capito, bravo Manny!"? Ma manco per idea, perché il suo principale obiettivo non è fare un ricongiungimento familiare in stile C'è posta per te ("Allooora, Manrigo, qui c'è il Gonde per te... vuoi vedere l'errevuemme?"), ma vendicare la madre. Quindi si limita a dire a Manrico: "Hai fatto una gran cazzata a non ammazzare il Conte. La prossima volta cerca di ucciderlo, eh!".
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Mi vendica! |
E dunque il passato, con i suoi rancori e le sue promesse di vendetta, invischia anche chi, come Manrico, non c'entra niente con le vicende dell'antefatto. Manrico ha in mente una sola cosa, infatti: fare zompa-zompa con Leonora e infatti, non appena entra un messo ad annunciargli che Leonora ha sentito le voci che dicono che Manrico sia morto in battaglia e sta per farsi suora, parte per rapirla dal convento fregandosene altissimamente delle proteste della madre.
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