Dalle gravi
palpebre il sonno a discacciar, la vera
storia ci narra di Garzìa
germano del nostro Conte
Il Trovatore, Il duello
1. "Il capolavoro del tempo rivissuto": ciò che manca nel "Trovatore"
Il Trovatore è sempre stata un'opera che ha suscitato reazioni forti: amata per la sua splendida musica o odiata per la sua storia poco lineare e per il suo guardare nostalgico al passato dell'opera donizettiana. Quasi un corpo estraneo nel contesto della rivoluzione anche narrativa che Verdi stava iniziando a portare in scena con gli altri due capolavori della "Trilogia popolare", La Traviata e Rigoletto.
Eppure, se andiamo a scavare nel Trovatore, la seconda delle tre opere della "Trilogia", osserviamo che in realtà i punti di contatto con La Traviata e Rigoletto ci sono. In primo luogo, Manrico, come Violetta e Rigoletto, è un outsider. Non è nobile - è figlio di una gitana- mentre il Conte di Luna appartiene alla nobiltà tradizionale. Non solo: come in Rigoletto, anche nel Trovatore c'è un "evento centrale" che, dall'inizio alla fine dell'opera, condiziona le azioni dei personaggi: là si tratta della maledizione di Monterone, che torna continuamente (anche musicalmente, con i suoi Do ribattuti) nei pensieri di Rigoletto, qui della morte della madre di Azucena e della sua conseguente vendetta.
Ma quello che è il principale punto di interesse del Trovatore è il modo in cui viene raccontata la vicenda. Il trovatore è un'opera in cui c'è un vuoto enorme, negli eventi che vengono presentati in scena; infatti, come abbiamo avuto modo di vedere, non viene presentato sul palco l'evento principale, quello che condiziona tutti i personaggi: noi non abbiamo modo di vedere con i nostri occhi cosa è successo realmente alla madre di Azucena, non possiamo vedere la vendetta di quest'ultima e il tragico errore nell'uccidere suo figlio invece del figlio del Conte di Luna. Quello che sappiamo lo sappiamo perché ce lo racconta un personaggio sulla scena, ma quel personaggio ci presenta le vicende secondo la sua ottica deformante: Ferrando crede che la madre di Azucena fosse realmente una strega, Azucena, con un'omissione quasi freudiana, tralascia di dire che Manrico è il figlio del Conte di Luna che per sbaglio non uccise.
Quindi, quello che manca sulla scena è la vera storia di ciò che è accaduto in quel passato nebuloso, una vera storia che apprendiamo in modo polifonico da diversi personaggi che la raccontano secondo il loro punto di vista e di fatto il mosaico si compone soltanto alla fine dell'opera, quando Azucena dice al Conte di Luna che Manrico era suo fratello.
Quindi, come dice Girardi, Il Trovatore è "il capolavoro del tempo rivissuto", dove tutto converge su quell'evento lontano che scopriamo a poco a poco e che è il vero fulcro della vicenda.
2. "La vera storia": Berio, Calvino e "Il trovatore"
Di fatto, la lettura fatta sopra non è niente di particolarmente originale: è la lettura che dell'opera fanno Berio e Calvino quando, alla fine degli anni Settanta, scrivono La vera storia, una rivisitazione del Trovatore, vedendolo proprio come opera della memoria e del racconto.
L'opera è infatti divisa in due parti: nella prima, vengono finalmente presentati sulla scena gli avvenimenti che nel Trovatore sono solo raccontati. Vediamo dunque che un uomo (che è l'equivalente della madre di Azucena) viene condannato a morte e fucilato per ordine di Ugo, il Comandante della città (corrispettivo del padre del Conte di Luna), mentre Ada, figlia del fucilato, minaccia di rapire il figlio di Ugo per vendetta.
A questo si sovrappongono le vicende di Luca (che sarebbe Manrico) e Ivo (il Conte di Luna), che amano la stessa donna, Leonora (il nome originale, in questo caso, è mantenuto) e combattono per essa senza sapere di essere fratelli.
La seconda parte è invece più strana e meno lineare: infatti, vengono ripresi e rielaborati dei materiali musicali provenienti dalla prima parte e questo ha uno scopo ben preciso. Infatti, come scrive Berio
[...] nella Parte II viene dunque proposta una trasfigurazione e, per certi aspetti, un’analisi di quel paradigma di conflitti elementari [presentato nella prima parte], in una prospettiva musicale e drammaturgica sostanzialmente diversa.
(da La vera storia, nota dell'autore)
Quindi, in pratica, è come se nella seconda parte la storia raccontata nella prima parte venisse ri-raccontata in modo diverso. Vi ricorda qualcosa? Esatto, è precisamente quello che succede nei due racconti che, nel Trovatore, ricostruiscono l'antefatto della vicenda. Ferrando e Azucena raccontano la stessa storia, ma la raccontano in modo diverso, quasi opposto. Quelli che sono personaggi positivi nel racconto di Ferrando diventano assassini crudeli in quello di Azucena e viceversa e si crea dunque in questo modo la stessa divergenza nel modo di presentare la medesima storia che si ha nell'opera di Berio tra la prima e la seconda parte.
Berio riprende quindi la "polifonia narrativa" dei due racconti del Trovatore e la mette in scena presentando le stesse vicende due volte con modalità drammaturgiche diverse, come se due voci diverse stessero raccontando la stessa storia, la stessa vera storia.
E, come nel Trovatore siamo portati a chiederci quale sia la verità in quello che dicono Ferrando e Azucena, quale, tra le loro storie, sia la vera storia, così anche Berio ci porta a chiederci dove sia la verità in quello che vediamo sulla scena. Ma egli non ha risposte:
(ibidem)
E' interessante leggere Il trovatore alla luce della lettura che ne fa Berio, in quanto ciò permette di vederne la modernità al di sotto dell'apparente polvere belcantista. Il trovatore è opera del dubbio, è un'opera in cui nessun personaggio dice fino in fondo la verità al pubblico, che dunque deve modificare continuamente l'idea mentale che si è fatta degli eventi che hanno preceduto le vicende presentate sulla scena.
E' un'opera sulla narrazione e sulla sua capacità di inganno.
***
Per approfondire:
Per maggiori informazioni su La vera storia di Luciano Berio:
Per una lettura critica de Il Trovatore di Giuseppe Verdi:
- Qui Fabrizio della Seta analizza il ruolo della dimensione favolistica e del racconto orale nel Trovatore
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