Abbiamo interrotto il nostro viaggio nel "Trovatore" perché, prima di parlare della celeberrima "Di quella pira" dobbiamo parlare di quella che è la struttura tipica del pezzo d'opera a partire dagli anni Trenta dell'Ottocento fino a Verdi. Dobbiamo, cioè, parlare della cosiddetta "Solita forma".
La A Punk at the Opera Inc. in associazione con l'Associazione Dentisti di Johnny Rotten e con la Pipistrelli edibili S.P.A. (unico fornitore ufficiale di Ozzy Osbourne) è pertanto abbastanza lieta di presentare la prima puntata della rubrica A punk at the opera (siamo molto fantasiosi, vero?).
Prego pertanto il direttore della birreria di mandare il motivetto...
...e la sigla (già, c'abbiamo pure la sigla, siamo estremamente avanti)...
...e possiamo cominciare.
1. I pezzi chiusi nell'opera del Settecento: aria, recitativo, aria, recitativo...
Allora, prima notizia sconvolgente: l'opera italiana è strutturata a pezzi chiusi. Che vuol dire pezzi chiusi? Be', è molto semplice: vuol dire che non è un unico blocco musicale, ma che è fatta da tanti pezzi staccati che vengono eseguiti uno di seguito all'altro. Questo aspetto c'è già dal Settecento, in cui l'opera è costituita da una successione di arie e recitativi. Lo possiamo vedere in questo frammento delle Nozze di Figaro di Mozart:
All'inizio c'è un lungo (ma parecchio lungo) recitativo (si tratta di un recitativo secco, cioè accompagnato soltanto dal basso continuo, cioè, in questo caso, dal clavicembalo), in cui l'azione si sviluppa: Figaro arriva, dice che il Conte vuole usare il suo diritto feudale su Susanna (tradotto: vuole usare lo jus primae noctis per fare zompa-zompa con lei) e insieme alla Contessa e a Susanna studia come fare per evitare tutto questo. Il tutto accompagnato dal clavicembalo.
Poi questa parte probabilmente interessante dal punto di vista scenico ma abbastanza noiosa musicalmente (tanto che il termine "secco" per questo tipo di recitativo fu coniato dai critici tedeschi proprio perché questo tipo di recitativo sembrava loro alquanto palloso) finisce e inizia l'aria: Cherubino inizia a cantare e quello che ci dice non è che sia fondamentale ai fini dell'azione (ci comunica essenzialmente che non sa bene se quello che prova è amore), ma è tanto bello musicalmente. Ecco, l'aria essenzialmente è questo, soprattutto nell'opera del Settecento: l'espressione di un sentimento (ti amo, ti odio, mi girano le scatole...) che si ha in un momento di temporanea sospensione dell'azione.
E' come se improvvisamente il tempo si fermasse perché il personaggio possa esprimere quello che prova, come se improvvisamente un gigantesco occhio di bue gli venisse puntato addosso e lui ci aprisse la sua anima.
Complicato?
Va bene, allora lo faccio. Mi avete costretto voi. Allora, in realtà non c'è niente di strano in questo modo di organizzare il teatro in musica con pezzi di recitazione più o meno cantata alternati con pezzi più "musicali" che però non dicono niente ai fini dello svolgersi della vicenda: è anche il modo in cui sono organizzati i musical, per dire. Prendete un qualsiasi musical, cosa ci trovate dentro? Pezzi recitati e pezzi cantati. L'azione sta nei pezzi recitati, i pezzi cantati sono messi lì in modo che non vi rompiate le scatole seguendo le vicende spesso non entusiasmanti presentate in scena e durano spesso sui 3 minuti.
Quindi, dove sta la differenza con l'opera del Settecento? Mettete un clavicembalo sotto le parti recitate e non ci sarà alcuna differenza. Ad esempio, prendiamo una scena random di Grease (sì, il film non piace nemmeno a me, ho provato a vederlo due volte e per due volte mi sono addormentato, però qualche canzone è carina): cosa c'è dentro?
Wow, ci sono le stesse due cose che c'erano nelle Nozze di Figaro: un po' di recitazione, che nel caso delle Nozze era accompagnata dal clavicembalo e un po' cantata e quindi si chiamava recitativo e che invece in questo caso è recitata e basta, e una canzoncina con tanto di balletto del bel John in cui non vengono veicolate informazioni fondamentali ai fini dello svolgersi della vicenda (se non si fosse capito, si dicono essenzialmente: "Io ti amo", "Io voglio te" et similia per cinque minuti filati).
Chiedo scusa ai puristi per le armi non convenzionali ma ve la siete cercata.
2. Da John Travolta a Gaetano Donizetti: un po' di storia della Solita Forma
Ecco, all'inizio dell'Ottocento, questa visione dell'opera come successione di arie e recitativi che era stata imposta da Pietro Metastasio verso la metà del Settecento, inizia un po' a venire a noia. Qualcuno inizia a dire: "Ma perché dobbiamo fare dei megarecitativi di quindici minuti in cui si svolge l'azione e poi limitare la parte più melodica, cioè l'aria, a solo due minuti in coda a tutto questo? Perché non iniziamo a mettere più musica nelle nostre opere?"
Gli autori di musical la stessa domanda non se la sono mai fatta, forse perché hanno capito che così gli autori delle canzoni scrivono meno, guadagnano lo stesso e possono comunque comprarsi delle villone sulla costa californiana alla facciaccia dei compositori d'opera che, dall'Ottocento in poi, per ottenere lo stesso risultato dovevano sbattersi almeno il doppio.
Comunque, il problema della monotonia della struttura recitativo-aria viene posto ed ecco che la struttura del pezzo chiuso d'opera cambia: dalla semplice struttura recitativo-aria-recitativo-aria... (succede qualcosa - qualcuno canta ed esprime quello che prova - succede qualcosa - qualcuno canta ed esprime quello che prova e così via ad libitum) si passa a qualcosa di più complesso: la Solita forma.
Il termine Solita forma deriva dalla prima monografia sull'opera verdiana, lo Studio sulle opere di Giuseppe Verdi di Abramo Basevi. Il nostro Basevi, parlando di una scena del Trovatore (guarda un po' i casi della vita), butta lì che in quella scena Verdi usa la "solita forma". Ma sì, dai, non una diversa, la solita, proprio quella che hanno usato tutti fino a quel momento. E che forma è la "solita forma"? Prima di scoprirlo, facciamo una piccola passeggiata nella sua storia...
La solita forma nasce con Rossini, che inizia a usarla nelle sue opere, non sempre, ma insomma è già un inizio. Il compositore pesarese, che in questa rara immagine d'epoca possiamo vedere mentre si dedica alle attività che preferiva...
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Rossini è il primo a usare la Solita forma nelle sue opere |
...cioè comporre e mangiare (non necessariamente in quest'ordine), crea dunque una struttura che gli operisti successivi useranno fino allo sfinimento, fino a farla diventare la forma standard del pezzo d'opera.
E infatti, a poco a poco, la nuova forma tirata fuori da Rossini inizia a farsi strada e negli anni Trenta dell'Ottocento le opere non sono più delle semplici successioni di arie e recitativi, ma sono composte da grossi blocchi creati secondo le norme della solita forma. Ormai, l'opera un po' monotona del Settecento è superata e la solita forma domina. I nomi da fare in questo caso sono due: Vincenzo Bellini, operista catanese che però più a nord andava, più successo aveva (tanto che morì vicino Parigi)...
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Bellini e in generale tutta l'opera degli anni Trenta useranno molto (anzi, quasi esclusivamente) la Solita Forma |
Bellini e Donizetti rappresentano forse la più pura applicazione della "Solita forma" all'opera. Per capirci: una volta che vi avrò spiegato cos'è la solita forma, potrete divertirvi a cercarne i "componenti" in qualsiasi opera di questi due autori e riuscirci senza grossi problemi. Fare la stessa cosa in un'opera di Verdi potrebbe creare molti problemi in più. Infatti, Verdi inizierà a modificare la solita forma, ma di questo parleremo un'altra volta.
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Gaetano Donizetti ebbe molto successo a Napoli. La canzone che sta cantando, "Fenesta 'ca lucive" è attribuita a Vincenzo Bellini. |
A questo punto, possiamo addentrarci nel punto centrale della nostra discussione e cioè: ma com'è fatta, questa "Solita forma"?
Volete saperlo?
Sicuri?
E allora vi consiglio di rimanere sintonizzati su questa rete e di attendere la prossima puntata di A punk at the opera, l'unico programma sull'opera lirica il cui autore si sia seriamente rattristato dopo lo scioglimento dei Libertines. E chi sono? Appunto. Comunque ora dice che faranno un nuovo album. In ogni caso...
Volete saperlo?
Sicuri?
E allora vi consiglio di rimanere sintonizzati su questa rete e di attendere la prossima puntata di A punk at the opera, l'unico programma sull'opera lirica il cui autore si sia seriamente rattristato dopo lo scioglimento dei Libertines. E chi sono? Appunto. Comunque ora dice che faranno un nuovo album. In ogni caso...
Stay tuned!
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