Buonasera e benvenuti alla seconda puntata di "A punk at the opera". Per chi se ne fosse scordato, stavamo parlando di Solita forma, ossia della struttura "standard" del pezzo chiuso d'opera a partire dagli anni Trenta dell'Ottocento fino a gran parte della produzione verdiana.
1. Ma, in definitiva, come è fatta la "Solita forma?"
La struttura di base della Solita forma si basa su un assunto: basta con il recitativo seguito da una sola aria! Nella Solita forma ogni recitativo è seguito da due arie, una lenta e una veloce. L'aria lenta si chiama cantabile, l'aria veloce cabaletta. Quindi, in ogni pezzo chiuso d'opera troveremo:
1) Per prima cosa il recitativo, che è del tutto uguale al recitativo che abbiamo sentito nelle Nozze di Figaro eccetto per il fatto che è accompagnato dall'orchestra e si chiama dunque recitativo accompagnato (o obbligato). Il recitativo accompagnato esisteva già nell'opera del Settecento, in cui a volte trovavamo il recitativo secco con il clavicembalo o con il fortepiano, altre il recitativo accompagnato con l'orchestra, ma a partire dall'Elisabetta Regina d'Inghilterra di Rossini, che è l'ultima opera seria in cui ci siano dei recitativi secchi, soppianta completamente il recitativo secco e diventa l'unico tipo di recitativo che troveremo nelle opere d'ora in poi.
2) Poi c'è un'aria lenta, il cantabile
3) Infine c'è un'aria veloce, la cabaletta
Chiaro?
Per sintetizzare questo primo passo nella struttura della Solita forma potete guardare l'immagine qui sotto:
Tutto qui? No, purtroppo no. Ecco, vedete quel filo che collega le due finestre nell'immagine qui sopra? Sì, quello con gli uccelli sopra. Ecco, il cantabile e la cabaletta devono essere collegati in qualche modo: abbiamo detto che l'aria di per sé non è che dia informazioni fondamentali per lo sviluppo dell'azione, quindi non è che sia bellissimo scenicamente bloccare l'azione per dieci minuti perché prima deve essere cantata l'aria lenta, poi l'aria veloce e alla fine, ma solo alla fine, l'azione riparte con il recitativo successivo.
Quindi tra il cantabile e la cabaletta c'è qualcosa, c'è un piccolo inserto che non è un recitativo vero e proprio (è un filino più musicale del recitativo, che, come abbiamo visto, non è che sia proprio il colmo dell'orecchiabilità) ma che non è nemmeno un'aria e in cui, udite udite, succede qualcosa. In cui l'azione va avanti, insomma, in un modo qualsiasi: arriva una lettera, viene portata una notizia sconvolgente, il protagonista viene sorpreso a letto con un'altra donna e così via.
Di solito, questo piccolo frammento di azione dopo il cantabile fornisce al personaggio che canta lo spunto per la cabaletta: per dire, se tra il cantabile e la cabaletta il personaggio pesta una cacca, tutta la cabaletta verterà su quanto il personaggio sia incazzato per aver pestato la cacca, se viene sorpreso a letto con un'altra donna tra il cantabile e la cabaletta, la cabaletta sarà qualcosa del tipo: "Ti posso spiegare non è come sembra". E così via.
Questo inserto di azione tra il cantabile e la cabaletta si chiama Tempo di mezzo. Che fantasia, eh?
Quindi, a questo punto abbiamo visto la struttura base della solita forma e possiamo riepilogarla insieme:
1) All'inizio abbiamo il recitativo, in cui l'azione si sviluppa. Il recitativo viene chiamato, nei libretti d'opera, Scena (possiamo trovare, ad esempio, nell'indice dei numeri di un'opera, cioè dei pezzi chiusi dell'opera, scena e aria di X: ecco, la scena non è altro che il recitativo):
1) Per prima cosa il recitativo, che è del tutto uguale al recitativo che abbiamo sentito nelle Nozze di Figaro eccetto per il fatto che è accompagnato dall'orchestra e si chiama dunque recitativo accompagnato (o obbligato). Il recitativo accompagnato esisteva già nell'opera del Settecento, in cui a volte trovavamo il recitativo secco con il clavicembalo o con il fortepiano, altre il recitativo accompagnato con l'orchestra, ma a partire dall'Elisabetta Regina d'Inghilterra di Rossini, che è l'ultima opera seria in cui ci siano dei recitativi secchi, soppianta completamente il recitativo secco e diventa l'unico tipo di recitativo che troveremo nelle opere d'ora in poi.
2) Poi c'è un'aria lenta, il cantabile
3) Infine c'è un'aria veloce, la cabaletta
Chiaro?
Per sintetizzare questo primo passo nella struttura della Solita forma potete guardare l'immagine qui sotto:
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Tutto qui? No, purtroppo no. Ecco, vedete quel filo che collega le due finestre nell'immagine qui sopra? Sì, quello con gli uccelli sopra. Ecco, il cantabile e la cabaletta devono essere collegati in qualche modo: abbiamo detto che l'aria di per sé non è che dia informazioni fondamentali per lo sviluppo dell'azione, quindi non è che sia bellissimo scenicamente bloccare l'azione per dieci minuti perché prima deve essere cantata l'aria lenta, poi l'aria veloce e alla fine, ma solo alla fine, l'azione riparte con il recitativo successivo.
Quindi tra il cantabile e la cabaletta c'è qualcosa, c'è un piccolo inserto che non è un recitativo vero e proprio (è un filino più musicale del recitativo, che, come abbiamo visto, non è che sia proprio il colmo dell'orecchiabilità) ma che non è nemmeno un'aria e in cui, udite udite, succede qualcosa. In cui l'azione va avanti, insomma, in un modo qualsiasi: arriva una lettera, viene portata una notizia sconvolgente, il protagonista viene sorpreso a letto con un'altra donna e così via.
Di solito, questo piccolo frammento di azione dopo il cantabile fornisce al personaggio che canta lo spunto per la cabaletta: per dire, se tra il cantabile e la cabaletta il personaggio pesta una cacca, tutta la cabaletta verterà su quanto il personaggio sia incazzato per aver pestato la cacca, se viene sorpreso a letto con un'altra donna tra il cantabile e la cabaletta, la cabaletta sarà qualcosa del tipo: "Ti posso spiegare non è come sembra". E così via.
Questo inserto di azione tra il cantabile e la cabaletta si chiama Tempo di mezzo. Che fantasia, eh?
Quindi, a questo punto abbiamo visto la struttura base della solita forma e possiamo riepilogarla insieme:
1) All'inizio abbiamo il recitativo, in cui l'azione si sviluppa. Il recitativo viene chiamato, nei libretti d'opera, Scena (possiamo trovare, ad esempio, nell'indice dei numeri di un'opera, cioè dei pezzi chiusi dell'opera, scena e aria di X: ecco, la scena non è altro che il recitativo):
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"Ehi, ciao! E' un sacco di tempo che non ci vediamo!" "Eh, è vero! E' davvero un bel po' di tempo!" "Conosci mia figlia Violetta?" "No. Salve, io sono Johnny!" "Io sono Violetta." |
2) Poi uno dei personaggi inizia a cantare e canta un'aria lenta, il cantabile, durante la quale l'azione si ferma, perché di solito il cantabile riguarda l'espressione dei sentimenti del personaggio che canta:
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3) A questo punto succede qualcosa e l'azione va avanti un po': siamo nel Tempo di Mezzo. Di solito, il tempo di mezzo dura poco, tra i 30 secondi e i due minuti, però, come vedremo, Verdi riuscirà a dilatare i Tempi di Mezzo fino a 5-6 minuti sfruttando la relativa libertà fornita da questa parte della "Solita forma".
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4) L'azione avvenuta nel Tempo di Mezzo suscita qualche sentimento nel personaggio che aveva cantato il cantabile e lui ha il bisogno irresistibile di comunicarcelo: lo fa dunque in un'aria veloce che viene detta Cabaletta. La cabaletta di solito viene ripetuta due volte e la seconda volta si aggiungono degli abbellimenti. Ricordiamocene, perché sarà importante per capire la diatriba intorno ai do di petto di Di quella pira, che è, giustappunto, una cabaletta.
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Ora, questa è la solita forma dell'aria, cioè quella che si ha quando il cantabile e la cabaletta sono cantate da un solo personaggio. Se il cantabile e la cabaletta sono cantati da due (duetto), tre (terzetto), quattro (quartetto) o più personaggi, viene inserito tra il recitativo e il cantabile un Tempo d'attacco che non è una vera e propria aria, ma che è molto, ma molto più musicale del recitativo.
Riassumendo:
1) Solita forma dell'aria: recitativo - cantabile - tempo di mezzo - cabaletta
2) Solita forma dei pezzi d'insieme: recitativo - tempo d'attacco - cantabile - tempo di mezzo - cabaletta
Come i pezzi d'insieme è strutturato il finale dell'atto primo nell'opera buffa (che ha due atti complessivi) e dell'atto secondo nell'opera seria (che ha tre atti complessivi), solo che qui cambiano un po' i nomi e il cantabile si chiama concertato e la cabaletta si chiama stretta. Quindi la struttura è:
3) Solita forma del Finale d'atto: Grande coro, cui può seguire anche qualcosa - tempo d'attacco - concertato (che è il cantabile) - tempo di mezzo - stretta (che è la cabaletta)
A questo punto siamo pronti a vedere la solita forma all'opera!
A questo punto, ci resta da vedere il finale d'atto. Già che ci siamo, vediamo il finale del secondo atto della Lucia di Lammermoor:
1) All'inizio abbiamo un grande coro, in cui si inserisce una breve aria di Arturo (che è quello che sta per sposare Lucia per volere del di lei fratello Enrico):
2) Segue un tempo d'attacco lungo, ma parecchio lungo, che funziona come avevamo detto prima, cioè c'è un dialogo serrato prima tra Arturo ed Enrico, in cui Enrico cerca di giustificare lo scarso entusiasmo che Lucia manifesterà nel corso del matrimonio con la tristezza per la morte della madre, poi tra Arturo, Enrico e Lucia mentre vengono firmate le carte che sanciscono il matrimonio.
3) A questo punto entra in scena Edgardo, che, visto che Lucia gli ha promesso di essergli fedele per sempre, è alquanto perplesso dalla scena che vede. Come? Lucia sta sposando un altro? Ma non è possibile! Anche Lucia è perplessa: ehi, ma mi avevano detto che Edgardo aveva sposato un'altra donna, che ci fa qui? Infine Enrico, che ha mentito a Lucia per farle sposare Arturo, non è perplesso, dice semplicemente: forse ho fatto una cazzata. E' il concertato, che qui, come sempre nel finale del II atto dell'opera seria e del I atto dell'opera buffa, sostituisce il cantabile ed è semplice capire perché si chiami così: perché i cantanti cantano tutti insieme.
4) Poi c'è il solito tempo di mezzo: Arturo, Enrico e un po' di altra gente dicono ad Edgardo di andarsene sennò lo sbudellano (ma sì, un po' di pulp ci sta bene), Edgardo dice che lo possono anche sbudellare, ma lui prima sbudellerà loro e per evitare la carneficina - ma no, dai, volevamo il sangue! - interviene Raimondo, che è prete e che fa vedere ad Enrico che Lucia ha firmato il certificato di matrimonio, quindi è sposata ufficialmente con Arturo. Al che Edgardo si incazza come una biscia e inizia a vomitare insulti su Lucia...
5) ...e scoppia un gran casino: Enrico e Arturo minacciano Edgardo, Edgardo dice: "Uccidetemi pure, perché mi girano le scatole" e Lucia prega Dio perché Edgardo sia salvato. E' la stretta, che come sappiamo corrisponde alla cabaletta e che segna la fine dell'atto. E musicalmente è notevole, in my humble opinion.
A questo punto, sapete tutto quello di cui avete bisogno sulla Solita forma e possiamo quindi affrontare lo spinoso tema dei do di petto di Di quella pira senza grossi problemi.
Vi do pertanto appuntamento al prossimo episodio di Opera made simple per la conclusione del nostro discorso sul Trovatore.
See you soon!
Riassumendo:
1) Solita forma dell'aria: recitativo - cantabile - tempo di mezzo - cabaletta
2) Solita forma dei pezzi d'insieme: recitativo - tempo d'attacco - cantabile - tempo di mezzo - cabaletta
Come i pezzi d'insieme è strutturato il finale dell'atto primo nell'opera buffa (che ha due atti complessivi) e dell'atto secondo nell'opera seria (che ha tre atti complessivi), solo che qui cambiano un po' i nomi e il cantabile si chiama concertato e la cabaletta si chiama stretta. Quindi la struttura è:
3) Solita forma del Finale d'atto: Grande coro, cui può seguire anche qualcosa - tempo d'attacco - concertato (che è il cantabile) - tempo di mezzo - stretta (che è la cabaletta)
A questo punto siamo pronti a vedere la solita forma all'opera!
2. La solita forma dell'aria: "Ancor non giunse..."
Nella Lucia di Lammermoor possiamo individuare facilmente le varie componenti della solita forma. Prendiamo la prima aria di Lucia, in cui Lucia arriva e dice di essersi innamorata di Edgardo. Potete sentire le parti corrispondenti ai singoli componenti della solita forma cliccando sui link (che segnalano l'inizio della parte in questione, ma non la fine, ovviamente). Ecco:
1) All'inizio abbiamo un recitativo (Ancor non giunse...) in cui Lucia entra in scena, comunica che sta aspettando Edgardo e dice di aver paura dei fantasmi che si aggirano nella zona in cui si sono dati appuntamento. Visto che la pronuncia della Sutherland può risultare... ecco... un po' anomala, vi posto il testo per maggiore chiarezza (il testo è preso da qui):
LUCIA Ancor non giunse!
ALISA Incauta!... a che mi traggi!...
avventurarti, or che il fratel qui venne,
è folle ardir.
LUCIA Ben parli! Edgardo sappia
qual ne minaccia orribile periglio...
ALISA Perché d’intorno il ciglio
volgi atterrita?
LUCIA Quella fonte mai
senza tremar non veggo... Ah! tu lo sai.
Un Ravenswood, ardendo
di geloso furor, l’amata donna
colà trafisse: l’infelice cadde
nell’onda, ed ivi rimanea sepolta...
m’apparve l’ombra sua...
ALISA Che intendo!...
LUCIA Ascolta.
2) A questo punto c'è il cantabile, Regnava nel silenzio, in cui Lucia racconta di aver visto un fantasma in quegli stessi luoghi.
LUCIA
Regnava nel silenzio
alta la notte e bruna...
colpia la fonte un pallido
raggio di tetra luna...
quando sommesso un gemito
fra l’aure udir si fe’,
ed ecco su quel margine
l’ombra mostrarsi a me!
Qual di chi parla muoversi
il labbro suo vedea,
e con la mano esanime
chiamarmi a sé parea.
Stette un momento immobile
poi rapida sgombrò,
e l’onda pria sì limpida,
di sangue rosseggiò!
Dal confronto tra il recitativo precedente e quest'aria possiamo capire una cosa e cioè che il recitativo non ha rime e non ha uno schema metrico fisso (anche se non sembra perché l'incolonnamento mi è venuto malissimo, sono settenari ed endecasillabi non rimati a parte gli ultimi due versi, che sono in rima baciata), invece il cantabile (e il tempo di mezzo e la cabaletta) hanno uno schema metrico fisso (in questo caso sono tutti settenari) e c'è la rima.
3) Subentra il tempo di mezzo, in cui Alisa cerca di convincere Lucia ad abbandonare il suo amore per Edgardo e Lucia dice no:
ALISA Chiari, oh ciel! ben chiari e tristi
nel tuo dir presagi intendo!
Ah! Lucia, Lucia desisti
da un amor così tremendo.
LUCIA Io?... che parli! Al cor che geme
questo affetto è sola speme...
Senza Edgardo non potrei
un istante respirar...
Egli è luce a’ giorni miei,
e conforto al mio penar.
Anche qui c'è la rima e c'è uno schema metrico fisso (sono ottonari a rima alternata ABAB. CDCD ecc.., per chi fosse interessato).
4) Infine abbiamo la cabaletta, Quando rapito in estasi, che in questo caso non è che sia il massimo della velocità però è comunque più veloce del cantabile, e Lucia ci comunica quanto ami Edgardo:
LUCIA
Quando rapito in estasi
del più cocente amore,
col favellar del core
mi giura eterna fé;
gli affanni miei dimentico,
gioia diviene il pianto...
parmi che a lui d’accanto
si schiuda il ciel per me!
Ancora una volta abbiamo uno schema fisso dal punto di vista metrico (settenari con rima ABBC - DEEF, cioè i due versi interni rimano, il primo e il quarto no).
Quindi, questo mi sembra che chiarisca abbastanza bene quello che abbiamo detto finora. Poi arriva Edgardo e inizia un duetto e quindi a questo punto avremo una Solita forma che comprende anche il tempo d'attacco...
3. La solita forma del duetto: "Lucia, perdona, se ad ora inusitata..."
Allora, a questo punto entra in scena Edgardo e la "Solita forma" ricomincia da capo e si riparte dal recitativo, che potete sentire qui dall'inizio fino al minuto 1.49, però dopo il recitativo abbiamo una bella novità: c'è una parte che non è che abbia proprio la melodia spianata del cantabile, però è in rima e ha un verso fisso, a differenza del recitativo.
Che cos'è? Ma certo: è il tempo d'attacco!
Il testo è questo (preso, come sempre, da qui)...
...e possiamo vedere che sono quattro ottonari con rima alternata ABAB (aborre/scorre, estrema/trema). Il tempo d'attacco è generalmente questo: una sorta di "brano ponte" tra il recitativo e il cantabile in cui i due (o più) cantanti dialogano in modo serrato tra loro con un testo che ha regolarità metrica (cioè il verso è sempre lo stesso, non c'è l'alternanza endecasillabi-settenari) e rima a schema fisso.
Poi arrivano il cantabile (Sulla tomba che rinserra), il tempo di mezzo (Qui di sposa eterna fede: tra l'altro, vi segnalo come già qui Donizetti un po' espanda il tempo di mezzo rispetto ai 30 secondi - 2 minuti standard; Verdi farà di molto peggio) e la cabaletta (la splendida Verranno a te sull'aure), ma questi li conosciamo già e non dovreste avere problemi a riconoscerli.
Comunque, se avete dei dubbi sulla corretta divisione in "parti" di un pezzo chiuso in base alla solita forma, il consiglio è di guardare il libretto: infatti, i librettisti di solito dovevano comunicare al compositore la corretta divisione in pezzi della solita forma (sennò il compositore si arrabbiava) e lo facevano, molto semplicemente, cambiando la struttura metrica da un pezzo all'altro. Quindi, se lo schema delle rime e/o il tipo di verso cambia, be', molto probabilmente siamo passati da un componente all'altro della solita forma. Ricordate, comunque, che il recitativo ha alla fine sempre una rima baciata, il che dimostra come i librettisti non avessero grande stima delle capacità intellettive dei compositori.
4. Per concludere: la solita forma del finale d'atto: "Per te d'immenso giubilo..."
A questo punto, ci resta da vedere il finale d'atto. Già che ci siamo, vediamo il finale del secondo atto della Lucia di Lammermoor:
1) All'inizio abbiamo un grande coro, in cui si inserisce una breve aria di Arturo (che è quello che sta per sposare Lucia per volere del di lei fratello Enrico):
2) Segue un tempo d'attacco lungo, ma parecchio lungo, che funziona come avevamo detto prima, cioè c'è un dialogo serrato prima tra Arturo ed Enrico, in cui Enrico cerca di giustificare lo scarso entusiasmo che Lucia manifesterà nel corso del matrimonio con la tristezza per la morte della madre, poi tra Arturo, Enrico e Lucia mentre vengono firmate le carte che sanciscono il matrimonio.
3) A questo punto entra in scena Edgardo, che, visto che Lucia gli ha promesso di essergli fedele per sempre, è alquanto perplesso dalla scena che vede. Come? Lucia sta sposando un altro? Ma non è possibile! Anche Lucia è perplessa: ehi, ma mi avevano detto che Edgardo aveva sposato un'altra donna, che ci fa qui? Infine Enrico, che ha mentito a Lucia per farle sposare Arturo, non è perplesso, dice semplicemente: forse ho fatto una cazzata. E' il concertato, che qui, come sempre nel finale del II atto dell'opera seria e del I atto dell'opera buffa, sostituisce il cantabile ed è semplice capire perché si chiami così: perché i cantanti cantano tutti insieme.
4) Poi c'è il solito tempo di mezzo: Arturo, Enrico e un po' di altra gente dicono ad Edgardo di andarsene sennò lo sbudellano (ma sì, un po' di pulp ci sta bene), Edgardo dice che lo possono anche sbudellare, ma lui prima sbudellerà loro e per evitare la carneficina - ma no, dai, volevamo il sangue! - interviene Raimondo, che è prete e che fa vedere ad Enrico che Lucia ha firmato il certificato di matrimonio, quindi è sposata ufficialmente con Arturo. Al che Edgardo si incazza come una biscia e inizia a vomitare insulti su Lucia...
5) ...e scoppia un gran casino: Enrico e Arturo minacciano Edgardo, Edgardo dice: "Uccidetemi pure, perché mi girano le scatole" e Lucia prega Dio perché Edgardo sia salvato. E' la stretta, che come sappiamo corrisponde alla cabaletta e che segna la fine dell'atto. E musicalmente è notevole, in my humble opinion.
A questo punto, sapete tutto quello di cui avete bisogno sulla Solita forma e possiamo quindi affrontare lo spinoso tema dei do di petto di Di quella pira senza grossi problemi.
Vi do pertanto appuntamento al prossimo episodio di Opera made simple per la conclusione del nostro discorso sul Trovatore.
See you soon!
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