sabato 9 maggio 2015

Le "Leonore"di Baremboim e la Prima della Scala

1. Centri sociali, Marx e voccaperte: fenomenologia della Prima della Scala

Se c'è qualcosa che riesce a dimostrare la veridicità dei peggiori cliché sull'opera è la prima della Scala. Voi avete provato a spiegare alla vostra ragazza che il fatto che vi piace l'opera non vuol dire che siete vecchi dentro né che siete dei ricchi snob con quattordici cognomi e con una intensa nostalgia di quel tipo pelato che faceva arrivare i treni in orario. Lei sembra aver capito e non vi guarda più come se foste una sorta di remake di suo nonno in versione fascistoide ma basta accendere la televisione e metterla su Rai5 il 7 dicembre perché tutti i vostri sforzi siano vanificati.

Ora, fortunatamente sono finiti i bei tempi in cui intervistavano Materazzi, all'epoca giocatore dell'Inter, tra il primo e il secondo atto dell'Aida e lui forniva una critica ponderata e imprescindibile sulla scrittura operistica verdiana, ma la sapiente regia della Rai è sempre e comunque in grado di fornirci un quadro completo sui personaggi caratteristici che popolano ogni prima che si rispetti e che rovineranno qualunque tipo di relazione voi stiate in quel momento intrattenendo facendo credere a tutti che, in quanto amante dell'opera, siete o diventerete nel giro di pochi anni come loro:
  1. La signora impellicciata:
    Generalmente con la erre moscia, tendenzialmente anziana (molto anziana) e rifatta (molto rifatta); viene di solito intervistata non riguardo all'opera ma riguardo alla contestazione dei centri sociali che immancabilmente avviene fuori dalla Scala. Il che ha una sua motivazione razionale, visto che la signora impellicciata di solito fa dei discorsi non sempre intelligibili ma tendenzialmente a metà tra il "Quando c'era Lui tutto andava meglio!" (dove Lui è il tizio calvo dei treni di cui si diceva) e vaghe provocazioni sul fatto che quelli che sono a protestare non hanno voglia di lavorare. Quando ha finito di parlare, se siete fidanzati con una tipa solo vagamente di sinistra siete già stati lasciati e se siete fidanzati con una tipa molto di sinistra vi siete anche dovuti sorbire una lunga analisi sullo sfruttamento di classe che nemmeno Marx sotto acido nelle peggiori birrerie di Soho prima di mettere incinta la cameriera e far riconoscere il figlio a Engels.
  2. Quello che è lì per forza: generalmente calciatore del Milan o dell'Inter oppure personalità importante non meglio identificata: ballerino, politico - meglio se ministro o sindaco - cantante. Fin da quando iniziano a inquadrarlo è chiaro che vorrebbe essere in qualunque altro posto piuttosto che lì e sembra esprimere in modo abbastanza eloquente il suo disappunto per doversi sorbire quattro ore di Lohengrin. Il che, peraltro, indica ai popoli che, almeno una volta all'anno, una certa giustizia divina esiste e quando sarete depressi per il malfunzionamento del sistema economico (che la vostra fidanzata a questo punto vi avrà spiegato per quanto detto al punto precedente), per le storture del capitalismo o perché siete finiti sopra all'unica cacca di cane nel giro di chilometri con le scarpe nuove, pensate a Muntari che sta guardando i Maestri Cantori di Norimberga senza nemmeno potersi addormentare e la giornata vi sorriderà. Ma quello che è lì per forza ha anche un altro pregio: non può nemmeno rivoltarsi contro il destino cinico e baro che lo costringe a sorbirsi quattro ore di opera in tedesco senza dotarlo di acume sufficiente per notare l'esistenza di quel grande progresso della tecnica che sono i sopratitoli. No, deve dire anche che ha amato l'opera e infatti, quando lo intervistano, questo personaggio dice sempre che l'opera che sta per andare in scena o che è appena andata in scena è bellissima, un capolavoro, una cosa di cui l'Italia deve andare fiera (anche se si sta rappresentando il Boris Godunov, in cui l'unico italiano è il gesuita Rangoni sulla scena, che peraltro non è esattamente una figura esemplare). L'aspetto positivo di questo personaggio, oltre a soddisfare il vostro odio di classe, è anche che vi fa acquisire tanta autostima (della serie: se ce l'ha fatta lui...) oppure fa partire a vostro padre, che sta passando di lì per caso, il quarto d'ora populista in dialetto abruzzese stretto.

  3. Quello giovane:
    Ora, quello giovane non è un problema di per sé, sebbene ci siano anche i soggetti che ci mettono del loro (vedi i simpatici rampolli della buona borghesia milanese con papillon o vestito lungo e un livello di chiusura delle "e" che rasenta il patologico che vengono intervistati a volte nel foyer e che non brillano esattamente per acume). Il problema è che il giovane, che chiaramente viene inserito nella trasmissione soltanto per dimostrare che l'opera interessa anche agli under 65, è di solito fatto oggetto di domande che sono volte a dimostrare al pubblico over 65 della suddetta trasmissione che sì, hanno proprio ragione, i giovani d'oggi non sono svegli come una volta. Quindi, quello giovane è vittima inconsapevole di una vendetta transgenerazionale di cui si rende conto soltanto quando è troppo tardi e gli viene posta la fatidica domanda: "Violetta e Alfredo si amano. Per te l'amore è importante?" "Leonora lotta per quello in cui crede: tu sapresti farlo?" "Nell'opera ci sono due soprano, Liù e Turandot: tu quale personaggio preferiresti interpretare?" "Credi che l'opera serva a qualcosa oggi?". Qualcuno dovrebbe probabilmente spiegare agli autori delle domande che non è che lo sviluppo intellettuale delle generazioni successive al 1990 si sia fermato all'età di sette anni, pertanto non è strettamente necessario porre le stesse identiche domande che si farebbero a un bambino delle elementari. Va bene, negli ultimi vent'anni abbiamo avuto Moccia, gli 883, varie boy bands formate da figaccioni biondi e Britney Spears, ma non credo che ci abbiano distrutto il cervello più di quanto possa averlo fatto, nella generazione precedente, passare tutti gli anni Ottanta a cantare "Oooooh, meu amigo Charlie" e "Brigitte Bardot, Bardot" con annesso trenino. Perché le cose sono due: o la Rai è convinta che i giovani non siano capaci di pensiero autonomo o l'autore delle domande è un dadaista che vive nella speranza segreta che qualche simpatico giovane pinguino prima o poi, esasperato dal primo atto del Tannhäuser, esploda in un sonoro: "No, l'opera oggi non serve a niente, viva il Death Metal e le gare di rutti!"
  4. Dall'Ongaro e la tipa del TG2: Ora, a me Dall'Ongaro non dispiace (forse è vero che sono un po' vecchio e snob dentro), comunque se su Rai5 evitassero di fargli fare proprio tutti-tutti-tutti i programmi, dalle 8 di mattina fino a mezzanotte, forse si eviterebbe ogni tanto un certo effetto-saturazione. Ma così per dire, eh.
  5. Il personaggio nazional-patriottico: l'Italia è un grande paese. Ci sta o' sole, ci sta o' mare, ci stanno e' femmene e li masculi passionali (non necessariamente in quest'ordine di importanza) e c'è sempre qualcuno che ritiene essenziale ricordarcelo nel corso della prima della Scala, evento che si tiene in un luogo in cui non c'è il sole, non c'è il mare e che è rinomato più per essere la capitale italiana dei workaholics che per essere una versione nebbiosa di Ibiza. Nel caso in cui il personaggio nazional-patriottico sia un politico e vostro padre stia passando di nuovo di là, la sua intervista darà avvio alla seconda parte del quarto d'ora populista e vi permetterà di conoscere nuovi modi per insultare i vostri amici in un dialetto che loro non capiscono. L'Abruzzese senza sforzo con Assimil.
Tutto questo mi rende molto simpatico Muti, che, con un certo sadismo, ammorbava la suddetta utenza della Prima con opere lunghissime, pallosissime e tendenzialmente anche non eccezionali musicalmente (raggiungendo l'apice con la musicalmente dimenticabile Europa Riconosciuta del 2004). Muti herói do povo.

Ma passiamo oltre e veniamo al motivo della nostra discussione di oggi...

2. Affinità/divergenze tra il Compagno Baremboim e me

Una volta che i vostri amici vi hanno isolato, che la vostra fidanzata vi ha lasciato perché credeva che foste una persona normale, potete mettervi rigorosamente da soli a vedere la prima. Tra l'altro, potete farlo dopo esservi arricchiti interiormente in quanto avete appreso una lingua straniera e potete comunicare con gli anziani seduti sulle panchine di Pescara senza scambiarli per agenti dell'ISIS in incognito perché alla vostra richiesta di informazioni rispondono cose come: "Lu 'bbar shta'llà" oppure "Mo' sting' stracc' e nun m'arcord' 'bben'."

Ed è quello che ho fatto io il 7 dicembre scorso (per essere precisi, eravamo io, mia sorella e tre pizze ai würstel)...


...quando è stato trasmesso il Fidelio di Beethoven. Va bene, concedo che non è la cosa più cool del mondo schiaffarsi quattro ore davanti alla televisione per vedere la Prima della Scala, però, considerando che, in quanto studente di medicina, l'alternativa è vedere serie televisive mediche e cercare gli errori, è la scelta migliore che possa fare. Per inciso, la scelta di cui sopra non è così banale, conosco un sacco di gente che guarda Dottor House solo per poter poi comunicare ai suoi amici che seguono corsi di studio diversi che no, la sarcoidosi non si manifesta in quel modo; gli anni di studi medici fanno sviluppare tante simpatiche psicopatologie, comunque, non divaghiamo troppo.

Grande opera, il Fidelio; certo, è un'opera che non scritta in modo esattamente amichevole per i cantanti, ma del resto si sa che il vecchio Ludovico Van non era molto ferrato sull'argomento, vedi le note di passaggio ribattute ad libitum nella Nona Sinfonia. Purtroppo, lo scorso 7 dicembre, il buon Baremboim, alla sua ultima direzione alla Scala, doveva essere stato colpito da una inedita vena megalomane e si era convinto, come Aldo, Giovanni e Giacomo in Tre uomini e una gamba che "'sta schifezza di opera se la scrivevo io la facevo meglio"...


...pertanto ha ritenuto opportuno sostituire l'ouverture del Fidelio che viene comunemente eseguita e che è questa...


...con la Leonora II (dopo vi spiego che cos'è), che è questa:


Il che, oltre ad avermi causato una discreta incazzatura sul divano di casa con mezza pizza in bocca e avermi mostrato l'utilità del vocabolario di insulti in abruzzese appreso in precedenza (sono una persona strana, lo ammetto, ma sono stati gli studi medici, prima ero una persona meglio, come Robert), mi ha costretto - cosa che odio - a trovarmi d'accordo con Paolo Isotta, l'uomo che continuavano a chiamare (a ragion veduta) acidità.

L'analisi di Isotta (che potete leggere qui) è infatti essenzialmente corretta: non ci sono giustificazioni valide per sostituire l'ouverture di Fidelio, ouverture che fu inserita personalmente da Beethoven nell'ultima versione dell'opera, nel 1814, con la Leonora II. Certo, la Leonora II è più bella dell'ouverture del Fidelio, ma il criterio per le scelte artistiche non dovrebbe essere la bellezza; peraltro, Baremboim non è nuovo a scelte stravaganti, vedi il Don Giovanni di qualche anno fa diretto con una pesantezza quasi wagneriana e con Bryn Terfel e la Netrebko che sembravano non essersi accorti che non stavano cantando l'Otello di Verdi ma un'opera che era stata scritta un buon centinaio di anni prima.

Ma cos'è la Leonora II e perché la scelta di Baremboim è, a mio parere, scorretta?

Per scoprirlo dobbiamo fare un passo indietro e ripercorrere la travagliata gestazione del Fidelio.

E sarà quello che faremo nella prossima puntata...

Hasta pronto, chicos!

P.S. se il magico mondo dell'Abruzzese vi ha interessato e avete deciso di apprenderlo a scuola al posto dell'Inglese perché a Londra tanto non ci andrete mai mentre Chieti e Tortoreto sono al primo posto tra le vostre mete per emigrare (a meno, of course, che non siate nativi, in tal caso vi prego di non spararmi addosso per la pessima conoscenza della lingua - come si dice in Abruzzese I'm not a native speaker?), vi consiglio questo breve compendio della lingua fatto da un blogger che ha più pratica della lingua di me.


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