1. L'imporante è vincere? Il dibattito post-elettorale nel Labour
La sconfitta del Labour alle elezioni britanniche, di cui abbiamo parlato in un post precedente, ha scatenato un grande dibattito all'interno del partito tra chi sostiene che Miliband abbia perso perché non è andato abbastanza a sinistra (posizione che personalmente condivido) e chi, come la vecchia guardia del New Labour, da Tony Blair in giù, sostiene invece che i laburisti abbiano perso perché Miliband non è stato in grado di occupare il centro.
Le posizioni sono abbastanza polarizzate in materia, come si conviene a qualunque partito di sinistra che dopo aver perso apre er dibbattito interno, e il che è anche abbastanza comprensibile, dal momento che Miliband si è dimesso dalla guida del partito e che la lotta per la leadership del Labour Party è cominciata. E' un dibattito tra due visioni, tra una parte del partito che spinge per uno spostamento dell'asse del Labour a sinistra e il ritorno della visione blairiana che sostiene che sia necessario accettare dei compromessi introducendo nel proprio linguaggio massicce dosi del consensus neo-liberale (fiducia quasi cieca nel mercato, valorizzazione dell'individuo e dell'individualismo rispetto alla società, assunzione di una posizione acriticamente in favore delle grandi imprese creatrici di impiego e dei meccanismi della globalizzazione) per poter vincere le elezioni e per poter poi riuscire a ottenere dei miglioramenti delle condizioni dei lavoratori. Blair dice, in un suo intervento recente, più o meno questo: certo, quando siamo andati al governo siamo riusciti ad ottenere delle tutele per i lavoratori come il salario minimo, ma per farlo abbiamo dovuto proporre in campagna elettorale un discorso più ampio. E' forse utile ricordare, comunque, quali concessioni richiedesse questo "discorso più ampio": la visione blairiana della necessità di non contrastare i meccanismi della globalizzazione ma di favorirli e di cercare di tutelare i lavoratori, più che con il vecchio assistenzialismo socialdemocratico, promuovendo l'educazione e la formazione (Education, education, education è stato uno degli slogan di maggior successo di Blair, come possiamo vedere nel video seguente)...
...ha portato, una volta adottata e applicata anche dai partiti socialdemocratici e progressisti del resto d'Europa, degli effetti abbastanza curiosi, dall'introduzione del precariato con la legge Treu da parte del Governo Prodi (a parziale discolpa del quale va detto comunque che l'Italia si portava dietro da più di un decennio una disoccupazione superiore al 10%) alle splendide leggi Hartz del socialdemocratico tedesco Schroeder che hanno portato tanti tedeschi ad essere dei "working poors", cioè delle persone che, pur lavorando, hanno bisogno di sussidi per sopravvivere. In pratica, leggi di destra (e contrarie agli interessi dei lavoratori) fatte da governi di sinistra, alla faccia della giustificazione blairiana "Noi facciamo finta di essere di destra per fregare gli elettori e poi quando andiamo al governo facciamo leggi di sinistra". Ma lasciamo tutto questo alle spalle e torniamo al dibattito interno del partito laburista.
L'ultimo intervento in materia - dopo la lettera in cui Tony Blair che aveva dato fuoco alle polveri sostenendo che il Labour avrebbe potuto vincere le elezioni nel 2020 solo "recuperando il centro" - è stato di Len McCluskey, segretario generale di Unite, il principale sindacato che sostiene il Labour. In una lettera al Guardian, McCluskey ha sostenuto che la sconfitta laburista alla General Election non sia stata dovuta al fatto che il partito aveva assunto una linea troppo di sinistra. Partiti con programmi più a sinistra del Labour come il Green Party e lo Scottish National Party, dice McCluskey, hanno ottenuto molti voti e la sconfitta elettorale è stata a suo parere dovuta principalmente a una "mancanza di coraggio" di Miliband: "Ed the Red", che era stato sostenuto peraltro dalle Unions nella lotta per la leadership contro il fratello David, avrebbe accettato di affrontare i Tories sul loro stesso terreno - cioè quello dei tagli e dell'equilibrio di bilancio - senza rendersi conto che "nessuno avrebbe mai potuto credere che i Laburisti avrebbero condotto i tagli alla spesa meglio dei Conservatori".
I Laburisti sembrano pertanto stretti tra il desiderio di una parte del partito di tornare al passato - a quel centrismo del New Labour che si era impantanato nelle secche della guerra in Iraq e che era stato in parte disconosciuto già da Gordon Brown quando era diventato primo ministro al posto di Blair - e il desiderio di spostare la linea del partito più a sinistra per non rischiare di diventare una brutta copia dei Conservatori. Come è stato detto in questi giorni post-elettorali in risposta alla lettera di Blair, insomma, una parte del Labour sostiene di "non poter accettare che diventi di sinistra quello che fino a poco tempo fa era di destra o addirittura di estrema destra, come tagliare il Welfare o chiudere le frontiere".
...ha portato, una volta adottata e applicata anche dai partiti socialdemocratici e progressisti del resto d'Europa, degli effetti abbastanza curiosi, dall'introduzione del precariato con la legge Treu da parte del Governo Prodi (a parziale discolpa del quale va detto comunque che l'Italia si portava dietro da più di un decennio una disoccupazione superiore al 10%) alle splendide leggi Hartz del socialdemocratico tedesco Schroeder che hanno portato tanti tedeschi ad essere dei "working poors", cioè delle persone che, pur lavorando, hanno bisogno di sussidi per sopravvivere. In pratica, leggi di destra (e contrarie agli interessi dei lavoratori) fatte da governi di sinistra, alla faccia della giustificazione blairiana "Noi facciamo finta di essere di destra per fregare gli elettori e poi quando andiamo al governo facciamo leggi di sinistra". Ma lasciamo tutto questo alle spalle e torniamo al dibattito interno del partito laburista.
L'ultimo intervento in materia - dopo la lettera in cui Tony Blair che aveva dato fuoco alle polveri sostenendo che il Labour avrebbe potuto vincere le elezioni nel 2020 solo "recuperando il centro" - è stato di Len McCluskey, segretario generale di Unite, il principale sindacato che sostiene il Labour. In una lettera al Guardian, McCluskey ha sostenuto che la sconfitta laburista alla General Election non sia stata dovuta al fatto che il partito aveva assunto una linea troppo di sinistra. Partiti con programmi più a sinistra del Labour come il Green Party e lo Scottish National Party, dice McCluskey, hanno ottenuto molti voti e la sconfitta elettorale è stata a suo parere dovuta principalmente a una "mancanza di coraggio" di Miliband: "Ed the Red", che era stato sostenuto peraltro dalle Unions nella lotta per la leadership contro il fratello David, avrebbe accettato di affrontare i Tories sul loro stesso terreno - cioè quello dei tagli e dell'equilibrio di bilancio - senza rendersi conto che "nessuno avrebbe mai potuto credere che i Laburisti avrebbero condotto i tagli alla spesa meglio dei Conservatori".
I Laburisti sembrano pertanto stretti tra il desiderio di una parte del partito di tornare al passato - a quel centrismo del New Labour che si era impantanato nelle secche della guerra in Iraq e che era stato in parte disconosciuto già da Gordon Brown quando era diventato primo ministro al posto di Blair - e il desiderio di spostare la linea del partito più a sinistra per non rischiare di diventare una brutta copia dei Conservatori. Come è stato detto in questi giorni post-elettorali in risposta alla lettera di Blair, insomma, una parte del Labour sostiene di "non poter accettare che diventi di sinistra quello che fino a poco tempo fa era di destra o addirittura di estrema destra, come tagliare il Welfare o chiudere le frontiere".
2. Lo spettro di Tony Benn
La questione è che questo dibattito la sinistra britannica l'ha già vissuto nell'era thatcheriana. Anzi, seguendo il dibattito di questi giorni verrebbe da dire che uno spettro si aggira per il Regno Unito, lo spettro di Tony Benn.
Tony Benn, recentemente scomparso, è stato uno dei simboli della sinistra britannica. Ministro laburista alla fine degli anni Sessanta, Benn ebbe il suo momento di massima influenza politica nei primi anni del thatcherismo, in cui riuscì a spostare la linea del Labour su posizioni quasi di estrema sinistra. Il risultato dell'influenza di Benn sul Labour Party fu la disastrosa sconfitta del partito alle elezioni del 1983, in cui Benn stesso perse il suo seggio alla Camera dei Comuni e che fu tuttavia salutata con favore da questi, che disse: "Per la prima volta dal 1945 un partito politico con un programma apertamente socialista ha ricevuto il sostegno di più di otto milioni e mezzo di persone". Dopo il 1983, la carriera di Benn entrò in una fase discendente: fu sconfitto nelle elezioni per la leadership del Labour Party da Neil Kinnock nel 1988 e con Kinnock il Labour si allontanò dalle posizioni di Benn, iniziando un percorso di trasformazione che culminerà poi con l'elezione alla guida del partito di Tony Blair. La leadership di Blair sancirà la fine del "vecchio" Labour e l'inizio del New Labour affermando in modo chiaro la posizione del partito laburista a sostegno del libero mercato ed eliminando la Clause IV della costituzione del Labour, che affermava che uno dei fini del partito era:
Blair diceva, parlando di Benn, che questi era un predicatore, ma che "i generali e non i predicatori vincono le battaglie". La figura di Benn ottenne nuova visibilità quando questi si pose alla guida del movimento contro la guerra in Iraq. Tony Benn si è spento a Londra nel marzo del 2014.
Ora, mi rendo conto che il quadro che è stato fatto può far apparire Benn come una sorta di alfiere della vecchia-sinistra-che-sa-solo-perdere di renziana memoria, contrapposto a Blair che invece sì che sa come si vince. Sulla vecchia sinistra di cui parla Renzi forse qualcosa da dire ce l'avrei; di fatto, a parte poche persone di spessore come Stefano Fassina, la sinistra del partito di maggioranza italiano è costituita più che altro da membri dell'allegra combriccola bersaniana che sostennero le riforme fortemente di destra del governo Monti, salvo poi risvegliarsi socialdemocratici dopo aver perso le elezioni e dopo aver perso perfino la leadership di un partito che avevano sempre creduto essere una sorta di proprietà privata della classe dirigente proveniente dal PCI-PDS-DS.
Benn invece era un galantuomo, fu sempre fortemente coerente con le sue idee e resta per tanti (me compreso) una figura di ispirazione nella lotta contro le disuguaglianze sociali, soprattutto oggi che tali disuguaglianze si fanno più marcate e stridenti in un sistema economico basato sulla stagnazione dei salari reali e sul rapido arricchimento di una piccola quota di grandi capitalisti. Forse, la lezione di Benn sulla necessità di coniugare il rispetto delle istituzioni democratiche con una politica in favore dei più deboli serve più oggi che allora.
Credo che quindi sia necessario precisare qualcosa. In primo luogo, le elezioni del 1983 si svolsero in un clima molto particolare. La Thatcher, che subito dopo la sua elezione nel 1979 aveva visto la sua popolarità nei sondaggi crollare, era riuscita a riportare alle stelle la propria immagine grazie al successo nella guerra delle Falklands-Malvinas. Quindi, verosimilmente la leggenda della Thatcher che vince grazie alle sue "coraggiose politiche di destra" contro un Labour Party socialista ed estremista è falsa e la Thatcher vinse probabilmente (soprattutto) grazie alla sua campagna militare contro l'Argentina. Quindi, Benn avrà le sue responsabilità (perché comunque lui stesso perse il proprio seggio), ma forse anche una certa nostalgia imperialista da parte di una quota dei sudditi di Sua Maestà ebbe un ruolo nel risultato elettorale del 1983.
Secondo: i tempi cambiano, per cui non è detto che le risposte debbano sempre essere le stesse. All'epoca di Benn, spostare a sinistra l'asse del Labour party fu un errore (anche perché alla fine Benn non creò una visione nuova di cosa volesse dire essere di sinistra dopo la crisi del Welfare State, ma si limitò a riproporre il vecchio mantra laburista delle nazionalizzazioni massicce) e invece fu lungimirante, elettoralmente, adottare in seguito una linea maggiormente centrista. Oggi può darsi che sia vero il contrario.
Comunque, la battaglia nel Labour è aperta e possiamo scommettere che ci sarà da divertirsi.
Comunque, la battaglia nel Labour è aperta e possiamo scommettere che ci sarà da divertirsi.
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