La poesia La última grela viene pubblicata da Horacio Ferrer nel Romancero canyengue nel 1967. Ferrer non ha ancora conosciuto Piazzolla, ma già ha quella concezione del verso come qualcosa di destinato prevalentemente alla recitazione e al canto che poi caratterizzerà la sua produzione successiva. "I versi sono musica che parla", dice e quindi presenta la raccolta recitando le poesie in essa contenute con l'accompagnamento musicale del chitarrista Augustín Carlevaro.
Il Romancero canyengue è la prima raccolta di poesie di Ferrer, che in precedenza si era dedicato soprattutto al teatro. Secondo Ferrer, nei versi qui raccolti egli per la prima volta riuscì a riconoscere una propria identità di poeta:
Iniziai [a scrivere poesia] imitando Verlaine, i francesi, [...] non trovavo una poesia che mi appartenesse. A Montevideo c'era un poeta di quartiere, Menecucho, che andava sui palchi a Carnevale. Recitava i suoi versi e li vendeva per pochi soldi. E terminava dicendo: "I miei versi sono brutti... ma sono miei." E io imparai questo. E io in quel momento non avevo né versi belli... né versi miei. Fino a che venne l'ispirazione, lo stile e la redazione del Romancero canyengue.
Il Romancero portò bene a Ferrer. Arrivò nelle mani di un certo Astor Piazzolla, che era in cerca di qualcuno che potesse scrivere dei versi che si adattassero alla rivoluzione che egli aveva portato nel tango; aveva lavorato con molti, Borges incluso, ma non era ancora soddisfatto dei risultati. Il Romancero canyengue gli fece capire di aver infine trovato quello che cercava: "Vieni a lavorare con me - disse a Ferrer - perché la mia musica è uguale ai tuoi versi!"
Racconta Ferrer:
Dopo l'apparizione del libro, Piazzolla mi venne a cercare e disse: "Se non vieni a lavorare con me, sei un imbecille". E io ci andai. In quel momento, rinunciai a un posto ben pagato di segretario dell'Università di Montevideo.
Ferrer si trasferì a Buenos Aires e iniziarono così le vicende della coppia Ferrer-Piazzolla, per me tra le più grandi della storia della musica (a mio parere insieme a - cito a memoria e in ordine sparso - Mozart-Da Ponte, Bellini-Romani, Verdi-Boito, Lennon-McCartney e Battisti-Mogol, ma il tutto è chiaramente opinabile). I due avrebbero inaugurato la loro collaborazione poco tempo dopo scrivendo l'opera María de Buenos Aires.
Ma dicevamo dell'Ultima grela. Ferrer l'aveva scritta perché fosse musicata da Aníbal Troilo, alla fine la musica fu di Piazzolla. Il termine Grela è uno dei tanti che Ferrer riprende dal lunfardo, il dialetto di Buenos Aires, quel dialetto che secondo alcuni studiosi è più vicino alla lingua napoletana che allo spagnolo. Le Grelas sono le prostitute, le romantiche proletarie dell'amore, come le chiama Ferrer nell'introduzione recitata alla canzone, quelle prostitute che il poeta immagina perdersi negli infiniti rivoli della notte, dietro sogni impossibili e dietro un destino beffardo come quello dei personaggi dell'Antologia di Spoon River:
Con uno slancio folle da Madame Bovary di Barracas al Sur si giocarono la vita nei tanghi. Qualcuna si innamorò di quel bandoneonista e per amore vinse. Per altre la sconfitta fu grande e finirono per badare al guardaroba delle donne che lavoravano in quegli stessi cabaret [in cui esse avevano "esercitato" un tempo]
Il tango parla dell'ultima di queste prostitute, che avanza con i suoi grandi occhi tristi in una Buenos Aires spettrale, fino ad essere inghiottita dall'oblio.
E' un tango che amo, perché è pervaso, nella prima parte recitata, dalle luci abbaglianti di una Buenos Aires notturna persa nel calore del ricordo, con i suoi cabaret, le sue donne bellissime, le sue prostitute assonnate intente a fare colazione con la cioccolata al mattino. Ma il calore si disperde progressivamente e alla fine il passato svanisce e rimane solo un presente di solitudine, di gelo e di rimpianto.