giovedì 5 novembre 2015

Sottomissione: Houellebecq tra i rinoceronti

Con il consueto ritardo legato al fatto di dipendere dalla biblioteca comunale (che mi ha fatto risparmiare qualche migliaio di euro in pochi anni) per il mio rifornimento mensile di libri, sono riuscito a leggere lo "scandaloso" Sottomissione di Michel Houellebecq, che ha avuto una notevole risonanza soprattutto dopo gli attentati del 7 gennaio nella sede di Charlie Hebdo. Devo precisare che sono abbastanza asettico nei confronti di Houellebecq, autore che ha strenui difensori e detrattori altrettanto accaniti e che ha sempre fatto propria un'immagine di misantropo e un gusto per la provocazione con il verosimile scopo di alimentare questa divisione. L'ennesima variazione dell'adagio di Oscar Wilde "Che si parli di me, nel bene o nel male, purchè se ne parli", insomma, ma del resto oggi il mondo della letteratura è fortemente affezionato alla figura dello scrittore-star piuttosto che ai libri in sé (del resto, chi legge più?) e quindi non trovo scandaloso che un autore di successo ricorra allo stereotipo tradizionale del maudit per tenersi a galla.

Ammetto di essere stato attratto dal libro più per il vespaio che la sua uscita in Francia ha suscitato che per un reale interesse verso l'autore, peraltro abbastanza lontano da quello che leggo di solito nell'ambito della letteratura francese (ultimamente, mi sono fissato sul buon Frédéric Beigbeder) e quindi di non essere molto diverso dai curiosi che tirano giù un volume dallo scaffale semplicemente "perché se ne parla".

Il tema del libro è, come noto, l'Islam. Houellebecq fa propria una tesi che, da Tacito in poi, emerge ogniqualvolta una società si senta, a torto o a ragione, in declino, ovvero che è necessario che a tale declino faccia seguito l'arrivo di "barbari" in grado di ripristinare una morale originaria. Tacito aveva simpatia per i barbari in questione, i simpatici Germani che affogavano gli omosessuali nelle paludi sembravano avere un forte ascendente su di lui, Houellebecq invece individua i nuovi barbari nei musulmani, ossia nei fedeli di una religione per cui non sembra avere particolare stima, come dimostrato da numerose sue dichiarazioni.

La vicenda è ambientata nel 2022, anno in cui Marine Le Pen è in procinto di vincere le elezioni in Francia e in cui, per evitare questo, il Partito Socialista e l'UMP scelgono di appoggiare il candidato della Fratellanza Musulmana Mohammed Ben Abbes, che diventa pertanto Presidente della Repubblica. Ben Abbes vince le elezioni e dà vita a un governo di coalizione sostenuto dai socialisti e dalla destra moderata che, nell'ordine:
  1. Fa uscire le donne dal mondo del lavoro dando loro un sacco di contributi per stare a casa grazie ai fondi generosamente concessi dall'Arabia Saudita (ah, gli sceicchi... Oggi il PSG, domani il mondo!)
  2. Istituisce la poligamia e proibisce l'abbigliamento "indecente" (causando probabilmente il licenziamento del giornalista di Studio Aperto che ogni 2-3 mesi propina il solito servizio sulla necessità di eliminare i pantaloni a vita bassa nelle scuole)
  3. Chiude le scuole pubbliche al di sopra delle nostre scuole medie, facendo sì che, per andare al liceo, sia necessario rivolgersi ad una delle scuole musulmane sorte come funghi in Francia grazie al gentile interessamento dei soliti sauditi
  4. Fa diventare la Sorbona un'università islamica controllata dai finanziamenti sauditi
  5. E, infine, colpo di scena, litiga con i sauditi e inizia a privilegiare le relazioni con il Qatar (non ci si può manco più fidare degli amici...)
Il tutto, ovviamente, avviene nella totale indifferenza della popolazione francese e senza che niente si muova in un Paese che viene presentato all'inizio del libro come sull'orlo di una guerra civile, con scontri armati nelle piazze tra estremisti di destra e estremisti islamici. La vittoria di Ben Abbes fa calmare tutto, gli estremisti di destra si volatilizzano, la Le Pen viene fagocitata da un buco nero e la Francia avanza felicemente verso la Repubblica Islamica.

Ora, tutto questo è quantomeno inverosimile e mi sono permesso un po' di ironia, però credo che l'obiettivo di Houellebecq non fosse tanto il delineare un quadro credibile di quello che succederebbe se un partito islamista vincesse le elezioni francesi, quanto mostrare come la corruzione morale della classe dirigente transalpina permetterebbe a questa di adeguarsi a qualunque nuovo regime senza colpo ferire.

E' qui, a mio parere, l'interesse del libro, cioè l'analisi di un'élite politica e intellettuale talmente interessata a rimanere tale da accettare qualunque cosa per mantenere il proprio potere. Per quanto riguarda la politica, l'atteggiamento del Partito Socialista che Houellebecq presenta nel libro (cioè quello di appoggiare chiunque purché non vinca Mme Le Pen) ha delle basi nella cronaca politica francese da almeno un anno a questa parte. Infatti, la caduta di Hollande nel sondaggi ormai costante da due anni in qua e la contemporanea ascesa del Front National non ha spinto il PS a cercare una strategia politica più attenta alle diseguaglianze sociali che determinano la crescita del Front National e che talora si manifestano in modo violento come avvenuto di recente con il caso dell'aggressione ai manager di Air France da parte dei lavoratori, no, lo ha spinto a:
  1. Cercare di sembrare più "di destra", più "liberale", compito, questo, brillantemente svolto dal ministro dell'Economia Emmanuel Macron che almeno una volta alla settimana fa la sua sparata sul fatto che le ore di lavoro sono poche (una delle sue perle è la seguente: "la gauche a pu croire, il y a longtemps, que la France pourrait aller mieux en travaillant moins. Tout cela est désormais derrière nous"), che bisogna rimettere in discussione le 35 ore e così via.
  2. Cercare di far passare l'idea che è possibile sostenere candidati di quella che una volta di chiamava UMP e che oggi si chiama les Républicains (la sostanza non cambia, è il partito di centrodestra di ispirazione gollista che è guidato dal buon Sarkozy) per evitare di far vincere qualunque tipo di elezione al Front National
Come possiamo vedere, non è poi niente di particolarmente distante dagli scenari pseudo-apocalittici di Houellebecq e del resto questo trasformismo del PS rientra in una "destrizzazione" della sinistra che si osserva fin dai tempi di Tony Blair nel Regno Unito e di cui abbiamo già parlato altrove.

Comunque, Houellebecq fa diventare il simbolo del trasformismo della classe politica francese il buon François Bayrou, eterno leader del MoDem e Presidente del Consiglio sotto Ben Abbes, ma è tutto il sistema politico francese ad essere sotto accusa.

Non viene presentata in modo migliore l'élite culturale, incarnata dal protagonista del libro, il professore universitario ed esperto di Huysmans François, che, del tutto privo di una morale forte fin dall'inizio del libro, alla fine accetta di convertirsi all'Islam per poter insegnare all'università e per poter così usufruire dei matrimoni combinati tra professori e studentesse che l'istituzione garantisce. In pratica questi, ossessionato all'inizio del libro dalla paura che dopo la fine della relazione con una delle sue studentesse, Myriam, non sarà in grado di sedurne altre per via del suo decadimento fisico, alla fine accetta il cambiamento di regime perché gli permette di continuare a fare, sotto altre forme, quello che faceva prima e che l'età non gli avrebbe più permesso di fare. Peraltro, è abbastanza interessante notare come le persone che avvicinano François all'Islam lo facciano con argomenti quantomeno misogini, sottolineando come sia bello che tale religione sottometta la donna all'uomo, mostrando quindi come le conversioni, all'interno dell'élite culturale, siano guidate più da un mero interesse sessuale e dalla volontà di sentirsi ancora come l'arcaico "uomo forte" piuttosto che da un vero convincimento spirituale.

Tutto questo mi ha ricordato molto due opere. La prima è la pièce di Ionesco Il rinoceronte, che descrive la progressiva trasformazione di un gruppo di personaggi in rinoceronti. Ovviamente, l'opera teatrale rappresenta in modo velato come possa avvenire che un'ideologia totalitaria (rappresentata simbolicamente dalla trasformazione in rinoceronte) trovi progressivamente sempre più aderenti, penetri sempre di più all'interno di una società fino ad assumerne il controllo. I personaggi di Ionesco diventano rinoceronti per i motivi più disparati, alcuni lo fanno per conformismo, altri per "combattere il sistema dall'interno" (eco, questa, dell'atteggiamento nei confronti del nazismo del Partito Comunista Tedesco, che spinse i propri militanti a iscriversi al NSDAP per combatterlo dall'interno), altri per il rifiuto della morale in favore della natura, altri ancora perché "i rinoceronti sono belli", ma alla fine, quali che siano le ragioni, la trasformazione interessa tutti, tutti tranne il protagonista Berenger che tuttavia nel suo monologo finale rimpiange di non essere diventato un animale come gli altri:

Avrei dovuto seguirli quand'ero ancora in tempo! Troppo tardi, adesso! E' finita, sono un mostro! Sono un mostro! Non diventerò mai più un rinoceronte, mai, mai mai... Non posso più cambiare. Vorrei tanto ma non posso, non posso!

(da "Il rinoceronte" di E.Ionesco)

Un testo meno simbolico ma simile al precedente per tematica è Come si diventa nazisti (che nell'originale suonava come The Nazi Seizure of Power: The Experience of a Single German Town, 1922-1945) di William Sheridan Allen. Allen segue le vicende di una città della provincia tedesca e mostra come possa accadere che, nel giro di pochi anni, un partito che aveva un peso elettorale marginale prima della crisi del '29 possa arrivare ad avere la maggioranza assoluta e rendere una società libera e democratica come la Germania di Weimar una dittatura totalitaria con un forte controllo sulla vita privata. Anche in questo caso, i motivi per cui gli abitanti si convertono al Nazismo sono i più vari, dalla paura per una possibile sollevazione comunista alla volontà di ripristinare l'antica grandezza tedesca contro il degrado della democrazia fondata dalla SPD, ma alla fine il risultato è molto diverso rispetto alle aspettative.

Ora, questi paragoni non indicano una mia volontà di paragonare l'Islam al nazismo, tutt'altro; mi interessa invece sottolineare come Houellebecq descriva in realtà come possa avvenire una mutazione strisciante all'interno di una società ma che alla fine porta a un suo cambiamento totale che sarebbe stato impensabile a priori. Ognuno, nel suo libro, ha i suoi motivi per amare il nuovo regime islamista: chi lo fa per ragioni biecamente sessuali, chi per opportunismo (il rettore della Sorbona Rudiger) chi per un bisogno spirituale misto ad una volontà di resistere al decadimento dell'età (il protagonista François), ma alla fine il risultato è che tutti i personaggi finiscono per sostenere un regime che incoraggia l'uscita delle donne dal mercato del lavoro e promuove l'istruzione islamica invece della scuola pubblica, laica e repubblicana.

Sottomissione è, in conclusione, secondo me, un libro sull'avvento di un totalitarismo velato in una società fragile. Devo comunque dire, per concludere, che non condivido in ogni caso la visione di Houellebecq dell'Islam come una religione intrinsecamente totalitaria e misogina; è, questa, una visione che mi sembra molto caricaturale e poco interessata a comprendere che l'Islam non è un blocco monolitico riconducibile al salafismo di matrice saudita, ma una galassia alquanto eterogenea che si è espressa in vari modi nel corso del tempo e che probabilmente cambierà ancora in futuro.

Ci vediamo presto con la seconda puntata della storia di Ferrer e di Verdi.

Auf wiedersehen!

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