domenica 27 settembre 2015

Verdi nel metro: storie di banlieue sotto la pioggia d'autunno





1. L'automne est là

Mettiamo un po' di musica diversa per la prima pioggia d'autunno...


Come dice il poeta, sous la pluit fine l'automne est là. E con l'autunno tornano a spegnersi i sogni gloriosi dell'estate, a infrangersi di fronte alla scoperta dolorosa della loro vanità. C'è stato un tempo in cui ci dicevano che l'estate sarebbe durata in eterno, anno dopo anno, ci spingevano a immaginare il futuro come una lunga strada che ci avrebbe permesso di realizzarci al meglio, come nessuna generazione aveva fatto prima. Poi venne l'autunno con la rivelazione che Fukuyama era fondamentalmente un coglione e che la storia non prevede happy ending come una commedia romantica hollywoodiana. Avevamo creduto di andare su una strada dritta verso l'infinito, come Peter Fonda in Easy Rider sulle sconfinate praterie americane, e invece era soltanto il breve rettilineo di un sentiero di montagna.

Forse ci avevano fregato oppure forse ci avevano creduto sinceramente. Non lo so. Ma le piogge d'autunno spazzarono via le immagini gloriose e ci lasciarono i nostri sogni di banlieue da inventare per scacciare via la tristezza. Di tutto quello che ci avevano promesso, rimase il desiderio di una vita tranquilla. Di una vita normale.

Oggi è ancora autunno e camminando sotto la prima pioggia con una lieve incazzatura legata al fatto che ho lasciato l'ombrello a casa (sono un inguaribile ottimista), mi viene in mente quel personaggio di Gozzano che

sognò per anni l’Amore che non venne,
sognò pel suo martirio attrici e principesse,
ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne.

Anche a lui erano rimasti solo i sogni di banlieue per affrontare quella realtà inquieta che sarebbe andata a schiantarsi nella carneficina della guerra.


2. Le storie di banlieue di Giuseppe Verdi

Ho aperto questo post con una canzone che viene da quello che a mio parere è l'album migliore di Manu Chao, Siberie m'était contéee, una visione poetica delle figure e dei fantasmi (Helno est mort è dedicata al cantante delle Negresses Vertes morto di overdose nel 1993) che popolano la banlieue parigina. E' un album che amo molto, forse perché parla di una vita di sogni spezzati che non scorre trionfale verso domani luminosi, ma che si compone di frammenti, di momenti passati a fumare una sigaretta a mezzanotte sul Boulevard Brune, di tradimenti, di giorni di pioggia sulle foglie morte dell'autunno. Non c'è speranza di redenzione, nei testi di questo disco, ma al tempo stesso non c'è nemmeno lo sguardo fintamente compassionevole delle caritatevoli signore altoborghesi di inizio secolo à la Sybil Birling in An inspector calls di Priestley, il paternalismo di chi in fondo è convinto che chi ha molto meno di lui se lo meriti. In questo disco c'è solo la vita così com'è, in considerazione del fatto che in fondo non ci sono seconde possibilità e quindi bisogna cercare di trarre un po' di felicità dalle condizioni che ci sono date.

Ed è per motivi molto simili che amo Verdi. Il Verdi di Rigoletto, il Verdi della Traviata, il Verdi che mette gli outsider al centro del palco e dà loro voce senza condannarli, ma con una sottile simpatia. C'è molto delle storie di banlieue delle nostre città battute dalla crisi nelle vicende del buffone costretto ad annegare la propria individualità nel ruolo che si è dovuto ritagliare per uscire dalla povertà. E forse, in un sistema economico sempre più competitivo e disumanizzante, molti si possono riconoscere in quel "Ma in altr'uomo qui mi cangio!" che Rigoletto pronuncia rientrando a casa.





Il mio maestro di composizione qualche anno fa mi disse che non pensava che Verdi fosse attuale. Mi permetto di dissentire: Verdi ci parla dell'oggi, delle nostre Violette emarginate dal pregiudizio sociale, degli Tsipras che, come il Filippo del Don Carlos, devono anteporre il rispetto di equilibri sanciti da organismi dall'aura quasi sacra (la Chiesa del Grande Inquisitore nell'opera, la BCE nella tragedia greca odierna).


E ci parla di noi, che con il sorriso di Falstaff guardiamo il cielo sapendo che "Tutto nel mondo è burla".





venerdì 11 settembre 2015

Lessico abruzzese - Steve Stifler on the beach

Meine lieben Leserinnen und Leser, so' turnat'.

So che vi sono mancato profondamente; purtroppo, tra sessioni di esami e giorni persi in pigrizia (come dice il poeta) sulle incasinatissime spiagge abruzzesi, il tempo per scrivere è poco e quello per respirare molto meno. Comunque, sono sopravvissuto, as usual.

Il ritorno nella terra dei padri abruzzese ha comunque dato i suoi frutti. Infatti, oltre ad aver appreso interessanti espressioni locali che riutilizzerò al più presto, ho tratto dalla mia permanenza da balenottero spiaggiato sotto il sole di agosto alcune massime di vita fondamentali. La prima: potrai studiare quanto vuoi, ma la vicina di ombrellone conoscerà sempre la farmacologia meglio di te (non che poi ci voglia tanto...). Tu pensavi che gli effetti collaterali dei farmaci fossero un discreto casino da ricordare, che fosse umanamente impossibile, e poi spunta fuori lei, che con marcato accento del nord ti snocciola tutte le reazioni avverse dei beta bloccanti come se fossero la cosa più semplice del mondo in una lunga discussione sui problemi che le medicine danno a sua mamma. Il corollario di ciò è che per diventare medico non serve studiare: basta avere una mamma anziana e acciaccata e hai risolto il problema alla radice.

"E poi gli hanno dato il calcio antagonista, ma gli faceva venire l'edema alle gambe, poi hanno provato con il beta bloccante ma le faceva venire l'abbassamento di pressione..."

Seconda lezione di vita fondamentale: non fare mai progetti per le vacanze. Avevo grandi piani per quest'estate: scrivere, praticare il mio inglese & il mio francese, suonare molto e avvantaggiarmi con lo studio per gli esami di settembre. Risultato: ho passato mezza estate a ridere come un cretino sui film più scemi di Eddie Murphy e su perle tipo questa...

Per la cronaca: la foto non l'ho fatta io, viene da Nonciclopedia

...e al ritorno l'unica cognizione che ho di quanto è successo nel mondo durante la mia permanenza nella grande Heimat abruzzese è che Renzi ha preso in giro i tifosi del Teramo, i quali hanno signorilmente risposto nella seguente maniera, che definirei chiara e concisa:

Foto da: http://news-town.it/foto-del-giorno/8997-renzi-ironizza,-teramo-risponde.html

Terza massima di vita: se vuoi smettere di prendere sul serio la gente, pensa che tutti hanno avuto tredici anni. La rivelazione arriva verso le due e mezza di notte, dopo una pizza con il tipico amico che vedi quindici giorni l'anno e con cui quindi puoi dedicarti alla nobile arte della gara di rutti tanto poi parte e non lo rivedi più fino all'estate prossima. Sera fresca, sbronza media per lui, stanchezza forte per me e lui attacca un lungo discorso su qualcosa che sta a metà tra la storia romana e qualche filosofo tedesco non meglio precisato.

E' allora che ho l'illuminazione. Improvvisamente lo vedo a tredici anni, intento a scrivere poesie orrende sulla solitudine che nessuno leggerà mai. O a immaginare un grande amore con la tipa del primo banco che prometteva tanto bene e se la tirava tanto e che ora sembra un camionista cileno rasta e gli fa ciao ciao dalle notifiche di Facebook come modesto ricordo della miopia dell'età più bella. Miopia che peraltro giustifica determinate osservazioni ecclesiastiche non sostenute da ricerche scientifiche adeguate sul fatto che masturbarsi eccetera eccetera.

Abbiamo avuto tutti tredici anni e abbiamo visto tutti American pie, quindi ora potete citare tutti i Max Weber che volete, ma lo sappiamo bene che anche voi aspettavate il momento in cui la biondona usciva le tette al minuto 16:47. Quindi, quando la sera mi incontrate e avete tanta tanta voglia di fare sfoggio delle vostre cognizioni sul mondo, non mi ammorbate per tre ore filate, tanto lo so che qualche anno e brufolo fa applaudivate quando sullo schermo della televisione appariva lui:


Se hai conosciuto una persona a tredici anni, non la prenderai mai sul serio. Se non vuoi prendere sul serio una persona, pensa che ha avuto tredici anni. E ora può raccontare quello che vuole, fare discorsi di livello e raccontarti la poesia della vita, ma a tredici anni era anche lui un simpatico pessimista cosmico che leggeva romanzi d'ammore di seconda tacca del tipo lui-vede-lei-lei-vede-lui-loro-arrossiscono e guardava film che a confronto Moccia è un regista serio.

Quarta massima: Mao aveva ragione: la rivoluzione non è un pranzo di gala. E' un pranzo abruzzese. Richiede una lunga preparazione, tanta fatica, molto tempo per raggiungere l'obiettivo e alla fine il risultato è un gran mal di pancia e una significativa cagata alle cinque e un quarto del pomeriggio. Cagata che, giustamente, viene ispirata a tutti contemporaneamente con conseguente formazione di code sulla tangenziale giardino-bagno. Se Lenin fosse stato in Abruzzo, l'URSS non sarebbe esistita.

Non che a me non piacciano questi pranzi, tutt'altro. Permettono di ricordarti che non sei solo al mondo. A farti compagnia ci sono un miliardo e mezzo di cinesi e quattro o cinquecento parenti dal sedicesimo al novantatreesimo grado che si palesano solo una volta all'anno in occasione delle feste comandate. "T'arcurd' a zia Graziella?" ti dicono presentandoti un'allegra signora che sembra Dustin Hoffman in Tootsie e che ti apostrofa con un caloroso: "Uèèèè, Gabbriè, i' m'arcurd quando eri bardash!".

Nota per i non native speakers: arcurd' sta per praticamente tutta la coniugazione del presente singolare di ricordare. Bardash vuol dire "bambino" ed è una parola che mi ha sempre affascinato perché ha un plurale irregolare con tanto di metatesi qualitativa così tanto per gradire: Bardish. Tra l'altro, mi piacerebbe chiarirne l'etimologia.

Ma tornando a noi: la cosa interessante di questo incontro con zia Graziella è che tu non hai la minima idea di chi sia. Chiedi lumi a tuo padre (prima che si lanci in un'invettiva sociale con il cugino politicizzato) e lui ti spiega: "E' la cugina del marito della sorella del nonno". E tu: "Ah."

E intorno a voi il mondo si muove: a capotavola si discute sul numero esatto di sfoglie da utilizzare per le lasagne, più in giù si organizza un'insurrezione armata contro la giunta comunale rea di aver potato gli alberi della pineta vicino al mare, in fondo a destra, accanto al bagno, si approfondisce l'epidemia di cacarella infettiva che ha colpito i bagnanti tra Scerne e Pescara. Insomma, il tutto sembra "Le nozze di Cana" del Veronese: cibo e parenti (fino al quarantacinquesimo grado) ovunque (segue immagine).



Ma l'intervallo sta finendo, le luci lampeggiano e noi dobbiamo parlare di Verdi. Rientriamo in sala...